Ci sono libri che, con aria discreta, entrano nella tua vita per restarci. Come se tu non fossi femmina. Appunti per crescere una figlia, di Annalisa Monfreda, edito da Mondadori, è un libro così.
Nell’arco di una giornata – l’ho letto d’un fiato – mi ha fatto riflettere su come vivo alcuni aspetti della mia vita di donna e su come a volte cado, nonostante tutto, in limiti e stereotipi che mi autoimpongo. Mi ha fatto pensare ancora una volta a come, da educatrice, parlo alle bambine (e ai bambini). Non farei meglio, forse, a trattare tutte e tutti come se non fossero femmine, né maschi, ma semplicemente persone? Magari è questo il segreto per crescere donne felici. Io, che non sono madre, le future donne posso “solo” educarle: una sfida comunque difficile. E appassionante.
Annalisa Monfreda educa due figlie ed è giornalista (dirige le testate Donna Moderna e Starbene). Ha un dono particolare per esplorare i collegamenti tra i fatti e tendere ragionamenti tra punti apparentemente distanti. Unire i puntini piace anche a me, perciò mi concedo una sosta su un passo del suo libro in cui mi piace leggere alcuni elementi in comune tra il lavoro di insegnante e quello di giornalista:
Mi capita, sul lavoro, di non rispettare la prassi. Il modo in cui oggi la gente si informa impone a noi giornalisti di cambiare il modo in cui produciamo informazione. Ma per farlo abbiamo bisogno di un’organizzazione del lavoro che non rispecchia più la rigida gerarchia scritta decenni fa nei nostri contratti. Abbiamo bisogno di tempi e luoghi che non sono più quelli stabiliti da norme antiquate. Ma se aspettiamo che a cambiare siano prima le regole, allora stiamo comprando un biglietto in tribuna per assistere alla rivoluzione che farà qualcun altro. La storia dimostra che un cambiamento prima lo si immagina, poi arrivano le leggi a sancirlo. Ma come fai a immaginarlo se non provi a metterlo in atto?
Annalisa Monfreda, Come se tu non fossi femmina. Appunti per crescere una figlia, Mondadori, 2018, p. 68.
Il giornalismo, come la scuola, ha di fronte sfide nuove. “Il modo in cui oggi la gente si informa” e il modo in cui oggi gli studenti imparano non sono più gli stessi. L’innovazione è un terreno in parte inesplorato, a volte impervio per la mancanza di regole aggiornate, ruoli al passo coi tempi, consuetudini rassicuranti. Però, mentre aspettiamo che le norme ci indichino la via istituzionale, non possiamo fare a meno di rimboccarci le maniche e di studiare sul campo soluzioni possibili. Solo l’esperienza dirà se il cambiamento che abbiamo ipotizzato ha senso, se cattura l’interesse di alunne e alunni, se è un pezzetto della rivoluzione che intuiamo necessaria. Anche prima che un dirigente ce lo dica, secondo me, abbiamo il diritto-dovere di provare ad attuare, nel nostro piccolo, un cambiamento per dare un contributo al goal 4 (istruzione di qualità), ma anche al goal 8 (lavoro dignitoso e crescita economica) o a qualsiasi altro obiettivo di sviluppo sostenibile annoveriamo fra le nostre priorità di azione. Io, per esempio, ho la fissa per la parità di genere, la lotta contro il cambiamento climatico e la partnership per gli obiettivi. La scuola infatti, come il giornalismo, è un lavoro di squadra.
Anche educare alla parità richiede la collaborazione di una squadra. Come educatrice sono in squadra con i miei colleghi e con l’organizzazione scolastica e con le famiglie. Per continuare a unire i puntini, quindi, ho sottolineato un altro passaggio di Come se tu non fossi femmina, in cui Annalisa Monfreda offre uno spunto di riflessione anche ai genitori:
Quando noi genitori decidiamo, a differenza delle generazioni passate, di non essere a priori dalla parte dei grandi, dell’autorità, dobbiamo stare attenti a un’altra deriva. Quella di crescere bambini imprigionati nel ruolo di ribelli. La cosa più difficile è capire le cause in cui è giusto imbarcarsi. Dosare le energie destinate alla ribellione. Che non è un valore in sé, assoluto, ma inscindibilmente legato alla rilevanza di ciò a cui ci stiamo ribellando e anche alla nostra percezione personale.
Annalisa Monfreda, Come se tu non fossi femmina, p. 78.
Morale: crescere bambine e bambini ribelli è importante; purché gli insegniamo, insieme alla ribellione, a immaginare alternative e a formulare proposte costruttive di cambiamento.
Un libro consigliatissimo, agile ma non scontato, dal tono insieme familiare e profondo, capace di dischiudere prospettive inedite. Adattissimo, tra l’altro, come lettura estiva, perché le riflessioni dell’autrice si dipanano seguendo momenti ed emozioni di una vacanza on the road con le figlie.
Per saperne di più:
La diretta Facebook e il video della presentazione di Come se tu non fossi femmina, di Annalisa Monfreda, al Mondadori Bookstore Tuscolana di Roma, 16 maggio 2018
La gallery Instagram di Hulia Ozdemir, l’autrice della bella immagine che fa da copertina a Come se tu non fossi femmina